Si è concluso lo scorso lunedì il Festival delle Lettere a Parigi. Per noi, c’era la corrispondente Sara Svolacchia.
Non è facile per una Parigi che, proprio in questi giorni, ricorda i tragici avvenimenti del Bataclan, organizzare un festival letterario che coinvolga i principali organi di cultura della città. Non è forse un caso che, parallelamente, siano sorti diversi cicli di conferenze dedicati al ruolo che la letteratura può avere in tempi di crisi, come se la necessità di interrogarsi sul senso dell’arte si fosse fatta improvvisamente più pressante.
L’edizione del 2016 del “Festival de Paris en toutes lettres” raccoglie pertanto la sfida di rispondere alle nuove esigenze messe in campo da una società ancora profondamente destabilizzata. Rispetto alle precedenti edizioni, si percepisce un chiaro tentativo di uscire dallo schema della letteratura intesa come pratica accessibile alla sola élite colta, trasformando invece l’esperienza poetica in un fenomeno da riscoprire nelle sue diverse sfaccettature.
È così che, tra l’11 e il 21 novembre, alcuni luoghi simbolo della città apriranno le porte a spettacoli in cui le opere letterarie dialogheranno con la musica rap (con Georgio, S. Pri Noir e Issam Krimi) all’insegna della riscoperta di quella ricercatezza metrica che risale niente meno che al classico dei classici francesi, ossia il verso dei trovatori.
Il legame tra musica e poesia è anche punto di partenza della performance di Robi, giovane musicista che ha scelto di fondere i propri brani con alcuni versi di Sylvia Plath, in un mix che comprende anche la proiezione della collezione dei disegni dell’autrice, recentemente ripubblicati in Francia.
Non basta? E allora, per rendere ancora più esplicita l’impossibilità di racchiudere il concetto di letteratura tra le pagine stampate di un libro, il “Festival de Paris en toutes lettres” mette in piedi un ballo letterario in cui cinque autori si riuniscono intorno ai loro brani preferiti per creare una storia comune da offrire agli spettatori. Che, beninteso, l’accolgono danzando.
Ma il binomio musica-scrittura non è certamente la sola innovazione di questa edizione. Ad essere chiamati in causa sono anche la cucina – con un banchetto ispirato ai piatti menzionati da Houellebecq nei suoi libri – il cinema, la danza, la fotografia.
Perché quello che è richiesto alla letteratura, oggi, è di sorpassare i propri limiti. Senza che per questo, però, si dimentichi il contatto con la realtà, con la storia nel momento in cui essa irrompe brutalmente nella vita di tutti i giorni. E non a caso, in un omaggio che si vuole dialogo carico di speranza, nella notte tra il 12 e il 13 novembre, nella stessa data degli attentati del Bataclan, tra le mura dell’Institut Du Monde Arabe, avrà luogo la Nuit de la Poèsie, durante la quale diversi classici saranno letti in francese, in arabo e nella lingua dei segni. Per una letteratura che sia d’innovazione, sì, ma pur sempre ben poggiata sui solchi della memoria.